Sta andando tutto a puttane. Ma va bene così.
Forse è meglio, invece di pensare ai gay, che davvero facessero qualcosa di concreto e veramente sociale per difendere la famiglia (“e i suoi valori”, come è bello dire) e i cittadini, perché non bisogna pensare solo al dio denaro, ma anche a come fare per vivere quelle 3-4 ore che ti rimangono dopo una giornata di lavoro; a come è possibile andare avanti con quei pochi euro che hai nel portafoglio, avanzati da mutuo, affitto, benzina, assicurazione; a far sì che la gente possa pensare a un progetto a lunga scadenza.
L’Italia è ormai un paese allo sbando, in cui se sei laureato non ti assumono, e se ti assumono ti pagano come un part-time mentre ti sfruttano 8-10-12 ore al giorno. E poi via a casa, verso altre assunzioni cocopro. Prima che tutti scappino, emigrino o si ritorni agli anni ’70 in cui si aveva paura ad uscire di casa, forse è meglio che qualcuno pensi. Ma non a Mastella o a Berlusconi, nemmeno a Prodi.
Il nostro paese è un paese che va rivoluzionato dal basso, un po’ come si sta facendo coi contenuti della rete grazie ai blog per capirci. Per fare questo però non bisogna delegare nessun altro che noi stessi. Ricordate quando dicevo che la soluzione “siamo noi”? Le schede elettorali e i litigi tra i politici che non interessano nessuno se non le televisioni non ci servono più con questa classe politica.
Milano è una città diversa da tutte le altre metropoli italiane, perché mentre dalle altre parti si lavora, si lavora e si vive, a Milano si lavora, si lavora e si lavora. Punto. Anche mentre si dorme si sogna di lavorare, per questo la gente è stressata. E’ la vita che manca agli italiani, il ritorno ad una qualche soddisfazione interiore che è ormai scomparsa da tempo, sostituita da beni materiali che i media ci invitano a consumare. Un “1984” democratico. So che leggerete questa frase come un qualcosa di retorico, qualunquista e prevedibile, ma se pensate bene, le uniche soddisfazioni che ci sbattono in faccia, secondo loro, sono le machine, i telefonini e sticazzi.
Sinceramente la prospettiva di lavorare per 50 anni fino alle sette, otto di sera senza “sgarrare troppo”, non avere una pensione (che sto pagando a chi è andato ora prima del tempo) e non potersi permettere del tempo per vivere i propri affetti e le proprie libertà, mi distrugge. Sarà che sono abbastanza d’accordo con Kierkegaard e che sono un po’ sentimentale, ma non mi va che un branco di imbecilli decidano e controllino le sorti del mio futuro, che in realtà nemmeno io posso pianificare.
Ancora una volta ripeto che la soluzione siamo noi stessi:
«Non c’è nulla che spaventi di più l’uomo che prendere coscienza dell’immensità di cosa è capace di fare e diventare» (S.A. Kierkegaard)